Introduzione: quando la legge non è uguale per tutti
Parlare di cannabis significa parlare di razzismo. Nonostante l'uso di questa pianta avvenga in tutti i settori sociali, le conseguenze legali e sociali si manifestano in forma di desproporcionada sulle comunità razziali. La desminalización, sebbene sia celebrata come un progresso, molto spesso non è in grado di ripristinare le profonde desigualdades históricas che atraviesan la politica delle droghe. Il testo propone una riflessione critica sul legame tra cannabis e giustizia razziale nel contesto latinoamericano.
La criminalizzazione selettiva: il filo conduttore del razzismo estrutturale
Le statistiche non si placano: in numerosi Paesi, le persone negre, indigene e povere sono detenute, condannate e incarcerate per reati di droga - principalmente legati alla cannabis - in proporzioni molto più elevate rispetto ai loro coetanei bianchi o di classe media. Non perché consumino di più, ma perché sono più esposti al controllo politico, alla violenza istituzionale e ai pregiudizi giudiziari. Il sistema penale non si nutre di sostanze, ma di corpi.
Descriminare non basta: il razzismo si ripresenta
L'eliminazione delle sanzioni penali per la detenzione o l'uso di cannabis è un passo necessario, ma insufficiente. Il razzismo strutturale trova nuove forme di funzionamento anche in contesti di riforma:
- Maggiore vigilanza nei territori razziali
- Discrezionalità politica per trattenere e ospitare
- Negazione delle licenze di coltivazione o vendita a persone di etnia negra e indigena
- Esclusione dal mercato legale per mancanza di risorse o antecedenti penali
In questo modo, la desminalizzazione può terminare beneficiando solo i soggetti che già erano protetti dalla loro posizione sociale o razziale.
Riparazione razziale: una deuda pendente
Affinché esista una giustizia razziale nella politica delle droghe, è imprescindibile avanzare nelle misure di riparazione:
- Eliminazione retroattiva dei precedenti penali
- Liberazione di persone presunte per reati minori legati alla cannabis
- Accesso preferenziale alle licenze di produzione e commercializzazione
- Sostegno economico e tecnico a iniziative promosse da comunità nere e indigene
- Partecipazione attiva all'elaborazione delle politiche pubbliche
Senza dubbio, la desminalizzazione corregge il rischio di consolidare nuove desigualdades sotto una fachada progresista.
Cannabis come territorio di lotta antirazzista
L'attivismo cannabico razziale ha trasformato il dibattito pubblico in molti paesi. Le donne negre che coltivano, i leader indigeni che difendono le piante sagradas, i collettivi afrodiaspórici e le giovani periferie hanno denunciato non solo la violenza della proibizione, ma anche il razzismo all'interno del proprio movimento cannabico. La loro lotta non è solo per legalizzare la pianta, ma anche per democratizzare l'accesso, ridistribuire il potere e curare le ferite del colonialismo.
Casi emblematici in America Latina
- BrasileLe persone di colore rappresentano più del 70% della popolazione carceraria, nonostante consumino meno dei bianchi.
- ColombiaI contadini indigeni che coltivano cannabis e coca sono stati criminalizzati, mentre le grandi imprese hanno ottenuto licenze legali.
- MessicoI villaggi originari continuano a essere perseguitati da coltivazioni tradizionali, mentre il mercato legale si orienta verso gli inversionisti urbani.
Estos ejemplos revelan que sin justicia racial, no hay verdadera reforma.
Verso una politica antirazzista delle droghe
Una politica cannabica antirazzista deve:
- Riconoscere il razzismo come elemento strutturante del proibizionismo
- Inclusione delle voci razziali in tutti gli spazi decisionali
- Garantire la rappresentanza e il potere economico nel mercato legale
- Stimolare processi educativi che mettano in discussione gli estigmi coloniali.
- Recuperare i saperi ancestrali sull'uso delle piante per la salute collettiva
Descriminare è solo l'inizio: l'orizzonte deve essere la giustizia riparatrice e l'equità razziale.
Conclusione: descriminalización con conciencia racial
Legalizzare senza riparare, includere senza ridistribuire, celebrare senza ascoltare... tutto ciò comporta il rischio di ripetere violenze con altri gruppi di persone. Per questo motivo, una politica delle droghe che voglia essere giusta, etica e trasformatrice deve affrontare il razzismo in modo frontale. Perché la vera liberazione della cannabis non sta solo nelle leggi, ma anche nella dignità di tutti i corpi che storicamente la curano e che, paradossalmente, sono stati perseguitati per questo.